WOTAN PADRE DI TUTTO

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di Donald V. Clerkin

Figli miei, chiara e bellissima progenie di luce, mi conoscete. Mi conoscete come il Vagabondo, il Lupo, il Signore dei Corvi. La mia casa è la foresta primordiale, il luogo del potente frassino e della quercia. Mi conoscete da quando voi, figli miei, siete venuti al mondo. Lì mi avete aiutato nelle mie guerre contro gli estranei, i signori del mondo sotterraneo e delle tenebre, che hanno usato il loro oro e le loro lussurie per corrompervi nelle loro trappole. Quando vivevate con me nelle antiche foreste, siamo sempre stati vittoriosi contro i nostri nemici.

Ma voi avete dimenticato il mio consiglio e la vostra stirpe di luce e bellezza si è macchiata, imbrattata dalla nascita di Alberich. Oggi fate causa comune con gli estranei anche contro voi stessi. Il vostro sangue si è diluito, le vostre menti e i vostri istinti si sono sbiaditi; e gli estranei fanno ciò che vogliono con voi… lanciano i loro eserciti distruttivi contro di voi, le vostre donne e la vostra gente.

Avete posto sopra di voi un governo basato su una dottrina che io non vi ho insegnato. Figli miei, non vi ho insegnato a dare la vostra vita per la propagazione degli estranei, i cui antenati non hanno mai vissuto con me nelle foreste. Vi ho insegnato ad amare e curare il vostro tipo, a proteggere ciò che è vostro. Vi ho dato bellezza e spirito, forza e volontà; questi erano testimonianza della grandezza singolare che possedevate. Una volta, tutti vi conoscevano come i miei figli.

Cosa siete diventati? Dove andate? Vi umilierete fino all’estinzione? Perché? Cosa vi ha potuto portare a questo triste stato? Perché voi siete miei, possedete la forza e la volontà per sconfiggere qualsiasi nemico… a meno che il nemico non siate voi stessi.

Cos’è queta falsa carità di cui vi vedo schiavi? Lasciate che i vostri anziani vivano male negli ultimi anni, mentre date aiuto agli estranei, a quelli che avete invitato in mezzo a voi e a quelli che scioccamente aiutate da lontano. Non sapete che questi estranei odiano la vostra ricchezza? Anche i figli di Alberich aspettano alle vostre porte, pronti a entrare e prendere quel poco onore che ancora vi resta. È forse questo che vi ho insegnato, sono queste le mie lezioni inserite nelle vostre anime? No figli miei, io vi ho insegnato ad essere orgogliosi e sani, non servi e vili. Vi ho detto molto tempo fa che, per quanti pochi di voi ci saranno nel mondo degli uomini, fintanto che voi aveste creduto in voi stessi, quelli che avrebbero preso le vostre anime ariane, non avrebbe preso da voi quello che ho dato solo a voi. Vi è stato detto di non condividere il vostro sangue, la vostra forza d’animo e le mie memorie con gli stranieri. Loro avevano i loro dèi; i figli di Alberich avevano il loro oro e voi cospirate con loro contro i doni che vi avevo dato?

Io, il Vagabondo, vengo a voi dai tempi antichi per dire basta a questo tradimento e a questa follia. Voi siete miei, e la mia Lancia una volta vi ha protetto. La legge della stirpe e del sangue che vi ho dato non doveva essere violata… mai! Ho inviato un messaggero per guidarvi, un secondo Siegfried, un eroe mondiale… ma voi lo avete abbandonato dai vostri cuori e dato ai carcerieri di Alberich. È morto per sua mano, mentre voi con invidia celebravate la sua caduta.

Miei figli ariani, non vi ho forse portato alla vittoria in passato; non eravate un tempo i padroni del mondo? E non sareste ancora padroni, se non aveste dimenticato la saggezza che vi ho insegnato? Il Valhalla è dove siedo da solo, privo dei miei eroi ariani; i Corvi non mi portano altro che racconti di tradimento e viltà nei volti dei vostri nemici. Io ero il vostro dio guerriero; voi eravate i miei eroi ariani. La mia vita nel Valhalla era piena del vostro valore, da cui attingevo la mia forza. Ma adesso mi riempite di paura. Avete paura degli gnomi. Vi ritirate da bestie a due zampe che si limitano a ringhiarvi. Oh miei figli ariani, quanto anelo a quei giorni in cui avevate vinto il mondo e non temevate niente e nessuno.

Il potere di Wotan è stato a lungo spezzato. Ora vivo solo nei cuori e nella memoria di quelli di voi che sentono la forza vitale che una volta vivevate con gioia. Avete condiviso la mia forza vitale e, in morte, vi onoravo come eroi per stare con me nel Valhalla. Ora c’è poco da onorare. I Corvi volano quotidianamente per portarmi parola delle vostre azioni, solo per tornare nel Valhalla e dirmi quello che odio sentire. State morendo, miei figli ariani, di una malattia dell’anima. Le grazie divine che vi ho dato, che tutti riconoscevano tranne voi, le avete gettate nella polvere.

I Corvi portano parola di alcuni che continuano a lottare, a sostenere la grandezza che è ancora in voi. I pochi riscattano i molti? Troppi hanno rifiutato di riscattare se stessi. La stirpe di Alberich li tiene fermamente nelle sue grinfie, le loro anime ariane tanto contorte e distorte che non li riconosco più come miei. Uomini effeminati che fanno argomenti inutili contro il coraggio. Donne in difficoltà che diffamano i ruoli di madre e compagna. Se avessi la mia antica autorità, la mia Lancia li avrebbe già colpiti!

Ma io sono ancora uno dei vostri ricordi; il più antico, anche se non il più bello, credo. Nessun Ariano conosce il nome di Wotan e dimentica la sua nascita nelle antiche foreste, le grandi battaglie e le vittorie, la tragedia della vita. Non posso più entrare nel vostro mondo con la mia Lancia. Non sono accolto nei vostri cuori. Voi, miei figli, che ricordate me e cosa eravate, risvegliate i vostri fratelli per combattere; consigliate le vostre sorelle nel loro disagio.

Non perdete più il vostro futuro!

Sogno di un ordine mondiale eroico, un mondo che è cominciato nelle foreste, condotto attraverso sangue e onore nel Valhalla, e che finisce con la vostra grandezza scritta nel Tempo stesso. Può essere ancora così, miei figli ariani. Wotan invita i suoi figli ad essere grandi ancora una volta. Lo avete in ognuno di voi. Per ognuno di voi c’è un posto nel Valhalla. Le azioni coraggiose sono la chiave della gloria. Che vediate voi stessi come io vi ho visto tanto tempo fa.