WYRD E CAUSALITÀ CONTRO PROVVIDENZA

di Roger Pearson

L’arrivo del monoteismo mediorientale in Europa sostituì una precedente credenza proto-scientifica nella causalità con il concetto teleologico della Divina Provvidenza, o Volontà di Dio. L’antica filosofia greca fu soppiantata dalla richiesta che gli uomini smettessero di cercare di comprendere la natura delle forze causali all’opera intorno a loro, e accettassero questa semplicemente come l’opera di un dio monoteistico onnipotente. Una nuova classe sacerdotale organizzata chiedeva che gli uomini accettassero senza dubbio la parola “rivelata” del loro dio. L’accademia fondata da Platone fu ordinata chiusa e, come Bertha Phillpotts ci mostrò per la prima volta, anche tra le nazioni germaniche il concetto di Wyrd, che postulava una forza causale onnipervasiva, fu sostituito dal concetto di intervento divino o Provvidenza. L’Europa entrò nel Medioevo, e vi rimase fino a quando la riscoperta degli scritti degli studiosi pagani classici rese possibile il Rinascimento e l’ascesa della scienza moderna.

Michael Horowitz, il monoteismo orientale e i sacerdoti organizzati

Michael Horowitz[1] ha posto in contrasto il successo dei Greci nel gettare le basi di una comprensione scientifica del mondo con il fallimento dei Mesopotamici, che avevano effettivamente creato una civiltà avanzata ma non avevano mai sviluppato una scienza oggettiva. Egli attribuì questo alla loro fede nella forza dominante dei loro dèi e dei sacerdoti che servivano questi dèi. Horowitz sosteneva che le prime culture mesopotamiche e successive semitiche tendevano a credere che l’umanità fosse stata creata per “alleviare agli dèi la fatica” e che le persone rette dovevano servirli e obbedire a loro. Questa credenza era rigidamente sostenuta da una grande e ben organizzata classe sacerdotale che esercitava il potere supremo sul popolo, ma anche questi sacerdoti erano troppo timorosi dei loro dèi per osare mettere in discussione il funzionamento del mondo, che attribuivano del tutto alla volontà degli esseri divini: un inno al dio della tempesta Enlil annichilisce davanti agli “occhi selvaggi e abbaglianti” della divinità. “Che cosa ha pianificato? Che cosa è nella mente santa di Enlil?” “Che cosa ha pianificato contro di me nella sua mente santa?” Apparentemente, Enlil può colpire senza motivo –  semplicemente essere umano è una provocazione sufficiente (Jacobsen 1976).

La natura era considerata sacra e potenzialmente ostile. I Sumeri avevano avvertito che le leggi della natura sono come le “leggi dell’abisso – nessuno può guardarle” (Kramer 1981). Dal secondo millennio a.C., gli scribi babilonesi sono sicuramente più avventurosi. Ma anche loro credono che lo studio della natura sia un’impresa sacra, e che la verità non deve essere strappata agli dèi: i fatti sarebbero gradualmente “rivelati” secondo il piacere divino (Contenau 1966). Tentando di razionalizzare l’universo, [un uomo] starebbe corteggiando l’eresia; avrebbe quindi minacciato il dominio delle divinità. Questa trasgressione sarebbe stata quasi certamente rimproverata dai superiori sacerdotali.

Horowitz vedeva la società greca, al contrario, come illuminata da un’aristocrazia che era essenzialmente libera dal dominio dei sacerdoti. Infatti, i sacerdoti greci servivano solo dèi individuali, i cui poteri soprannaturali erano limitati a funzioni specifiche e non erano considerati esseri onnipotenti. Di conseguenza, l’apprendimento non era limitato al sacerdozio, che non era organizzato in nessuna gerarchia dominante. Di conseguenza, gli aristocratici greci sono stati in grado di consentire alla loro curiosità di indagare sui segreti del mondo che li circondava. Horowitz scrive: “Un’aristocrazia energica e creativa ha fornito un talento diffuso e la ricchezza e il tempo libero per dispiegarlo. Una teologia anarchica ha liberato l’immaginazione teorica greca sul mondo naturale.”

Infatti, anche se Horowitz non ne parla, il capo di ogni unità di parentela greca conduceva i rituali socio-religiosi del gruppo affine. Tutti gli importanti compiti rituali e sacerdotali relativi all’organizzazione della società erano condotti dai capifamiglia e dai fratries, e da re che generalmente derivavano la loro autorità in virtù della loro discendenza, reale o immaginaria, dal fondatore della nazione. Liberi dalla subordinazione a uno o più dèi onnipotenti, e superiori ai sacerdoti che servivano i singoli dèi della natura, gli aristocratici della società greca erano liberi di speculare sulla natura dell’universo e cercare spiegazioni di ciò che accade in essa. Come dice Horowitz:

La cultura greca offre ai suoi filosofi pionieri un ambiente sociale, politico, teologico e linguistico incoraggiante per lo sviluppo della dialettica scientifica. Socialmente: vanta una classe attiva, sicura di sé ed egemonica di aristocratici, con una tradizione di pensiero unica e un comportamento individuale. Questa aristocrazia non era mai stata intimidita nella sua memoria culturale dal dogma religioso. Infatti, è da questa classe di aristocratici che scaturiscono i primi filosofi della Grecia.

Fustel de Coulanges, Paganesimo Europeo, e Causalità

In assenza della tendenza orientale a ritrarre gli Esseri Divini come tutti i potenti despoti, gli Europei pagani in generale sembrano presto aver concluso che l’universo era governato da una rete di causalità. Essi riconobbero gli dèi che erano dotati di poteri soprannaturali, e avevano sacerdoti che servivano questi dèi – ma questi dèi non crearono l’universo, e non ne erano che una parte essi stessi. Lo studioso francese del XIX secolo Numa Denis Fustel de Coulanges ha dimostrato presto che la vera religiosità dell’antica Grecia, Roma e delle nazioni celtiche e germaniche era incentrata sulla religione della famiglia, del clan, dei phratri, della gens e della tribù[2]. I legami morali e i rituali che legavano veramente insieme le comunità europee pre-cristiane erano basati sulla parentela. Un uomo deteneva il suo dovere principale nei confronti della sua gente affine, e non solo ai suoi parenti viventi, ma anche a coloro che lo avevano preceduto e avevano dato vita a lui e ai suoi discendenti che sarebbero venuti dopo di lui. Gli uomini erano impotenti davanti alle forze causali che determinavano gli eventi che si svolgevano intorno a loro e quindi plasmavano il loro destino, ma un uomo orgoglioso e coraggioso avrebbe potuto guadagnare fama per se stesso e onorare i suoi discendenti sforzandosi coraggiosamente contro le stringhe e le frecce della sfortuna. Un uomo non poteva evitare il suo destino, perché era intrappolato nel vasto nesso di causalità che permeava l’Universo, una forza che si muoveva irresistibilmente dal passato, attraverso il presente e in avanti nel futuro.

Causalità sotto forma dei Tre Destini

Il concetto fondamentale di causalità, come forza onnipotente che modella il funzionamento dell’Universo, era profondamente radicato nella cultura dell’antica Grecia e di Roma. Si credeva che fossero i tre Destini o Moirae dei Greci a tessere la rete di causalità: Clotho, con il fuso, filava dei fili causali che davano vitalità al mondo e tutto ciò che era in esso: Lachesi, che puntava con il suo bastone verso un globo; e Atropos, con la sua meridiana, e le forbici, pronta a tagliare il filo causale della vita di ogni uomo. I Romani conoscevano questi stessi destini nelle Parcae. E allo stesso modo, il popolo germanico riconobbe queste tre sorelle che controllavano la causalità come le Norne, chiamandole Urthr, Verdandi e Skuld, che tra di loro erano responsabili di ciò che era, cosa è e cosa sarà.

Fino ai tempi di Shakespeare, gli Inglesi ricordavano ancora tre strane sorelle, anche se in una foschia un po’ cristiana, come anziane streghe immortali, che conoscevano i segreti del destino e potevano predire il futuro.

In breve, il paganesimo europeo in una misura maggiore o minore intuì la causalità come forza motrice dietro tutti i fenomeni naturali. I loro dèi erano immortali e possedevano poteri sovrumani, ma non crearono l’Universo e ne rappresentavano solo un aspetto. Al di là dei legami che univano la società vi era un aspetto metafisico alla religiosità dell’Europa pre-cristiana che rifletteva un apprezzamento della Natura e del ritmo dell’Universo, senza paura di un dio monoteistico onnipotente. I meno sofisticati hanno fatto tentativi prescientifici di manipolare la causalità con i mezzi pre-scientifici che chiamiamo magia, ma i più sofisticati applicarono la logica aristotelica al compito di scoprire le forze causali che animavano la natura, e così facendo hanno gettato le basi per la scienza moderna. Mentre il sacerdozio babilonese, assiro ed egizio serviva pedissequamente i loro dèi, temendo di mettere in discussione le loro motivazioni e desiderando solo placare la loro rabbia e realizzare i loro desideri, i miti dell’antico paganesimo europeo raccontano di eroi che sfidano gli dèi a rivelare qualsiasi informazione avessero sui segreti dell’universo, di cercare la mela d’oro della saggezza, e anche i più primitivi miti germanici raccontano di Odin che diede un occhio nella sua ricerca della conoscenza.

Martha Phillpotts e il Wyrd

Una lettura delle opere di Dame Martha Phillpotts, un’autorità pioniera sulla cultura anglosassone e antica germanica, fornisce una visione del concetto pagano europeo di causalità impersonale, e sostiene la spiegazione di Horowitz del perché la vera scienza è emersa in Europa piuttosto che nelle precedenti civiltà del Medio Oriente. Anche i popoli di lingua germanica che popolavano fino al picco del Nord Europa, al pari dei Greci e dei Romani, vivevano liberi da ogni paura di un singolo dio onnipotente, e Phillpotts ci mostra come i popoli germanici condividessero intuitivamente lo stesso apprezzamento protoscientifico della causalità che troviamo in forma più sviluppata tra l’intellighenzia greca e romana. Nell’Europa settentrionale questa forza causale è stata identificata come Wyrd, e come tale ha svolto un ruolo importante nella cultura germanica. Wyrd come parola è la forma astratta del verbo germanico weorthan, “per arrivare ad essere” quindi significa “ciò che accade”.[3]

Nel dichiarare che nel paganesimo anglosassone c’è[4] più che il culto di Woden e Thunor, e i giuramenti di lealtà a un capo: il riconoscimento del Wyrd come una forza impersonale e inavvicinabile… se riusciamo a descrivere il profilo oscuro di questa filosofia precedente, non formulata, deve essere attraverso il mezzo delle storie e dei ricordi dell’Età Eroica. Gli Anglosassoni avevano parte in quel periodo epico liberamente come qualsiasi altro popolo nordico, e sembra sicuro supporre che le idee che si celano dietro di esso fossero anche proprietà comuni.

Il Trionfo del Monoteismo Cristiano

Phillpotts conferma anche la teoria di Horrowitz su come i sacerdoti orientali attribuissero gli eventi alla volontà di una o più potenti divinità notando come il Cristianesimo, radicato nel monoteismo orientale, sopprimesse le radici del pensiero scientifico in Europa attribuendo gli eventi alla “volontà di Dio” piuttosto che al più logico concetto pagano europeo di causalità impersonale.

La credenza orientale che tutti gli eventi potessero essere spiegati come la volontà di una o più divinità doveva alla fine evolversi nelle dottrine monoteistiche dell’Ebraismo, del Cristianesimo e dell’Islam. Queste tre religioni non accettarono nessun’altra spiegazione per gli eventi naturali oltre la volontà di un Creatore divino – tranne che in occasioni in cui ritrovarono conveniente ipoteticare un anti-Dio o un Diavolo per spiegare eventi spiacevoli che i sacerdoti scelsero di non attribuire al loro dio.

Come religione missionaria che cercava di convertire tutti i popoli a riconoscere l’unico vero Dio, il Cristianesimo sviluppò tecniche subdole per promuovere la conversione, e i concetti cristiani, generalmente antitetici al paganesimo europeo, alla fine sostituirono anche i concetti pagani più profondamente radicati. Le chiese cristiane erano comunemente erette sul sito di luoghi sacri dal mito e dalla tradizione pagani. Il matrimonio, che nell’Europa pagana era una funzione della parentela, agli occhi del Cristianesimo non era solo un patto tra due persone e i loro parenti, ma coinvolgeva un terzo, il Dio cristiano, permettendo così al Cristianesimo di sfondare le mura dei parenti, che si trovavano al centro del paganesimo. I convertiti cristiani non dovevano mettere in discussione la parola di Dio rivelata dai Suoi profeti, perché cercare qualsiasi spiegazione del funzionamento dell’universo diverso da quello contenuto nella Sua Parola rivelata voleva dire fare l’opera del diavolo. Il Dio cristiano era un Dio geloso, le cui vie erano a volte inspiegabili e “meravigliose”. Il Cristianesimo non aveva spazio per coloro che facevano domande quando gli eventi naturali li disorientavano, poiché Dio era onnipotente, che poteva tutto e tutto ciò che avveniva era per Divina Provvidenza.

Il Cristianesimo, alcune delle cui radici attraverso Giovanni Battista forse affioravano nel comunismo egualitario degli Esseni, sorse come un’eresia tra gli Ebrei in un momento in cui vivevano sotto il dominio di Roma, le cui legioni avevano preso d’assalto Masada e distrutto il Tempio di Gerusalemme. Offriva conforto a coloro che soffrivano sostenendo che la loro sofferenza e l’umiltà forzata avrebbero portato loro benefici nell’aldilà, mentre l’orgoglio dei clan dirigenti romani conosciuti come gens (da cui deriva il termine “Gentili”) avrebbe portato con sé solo dolore dopo la morte.

La Provvidenza Sostituisce il Wyrd

Il Cristianesimo, con la sua enfasi sulla fede e l’accettazione incondizionata dei miracoli come atti di Dio, alla fine soppresse lo spirito proto-scientifico dell’indagine tra i filosofi greci pagani e ha gravemente arretrato l’ascesa della scienza fino all’avvento del Rinascimento. Così ha anche soppresso ogni ulteriore apprezzamento proto-scientifico della causalità tra i popoli germanici che alla fine sarebbero emersi come i primi pionieri della scienza moderna.

Come gli Stoici pagani romani, i pagani germanici cercarono di affrontare la sfortuna con coraggio, sapendo che le forze causali che determinavano il loro destino si muovevano con grandezza irresistibile. Il Cristianesimo, al contrario, rappresentava il destino non come causalità meccanica, ma come Provvidenza, come volontà di un Dio Creatore monoteista. Il Cristianesimo non aveva spazio per il Wyrd, poiché Dio preferiva fare miracoli, ma il Wyrd mantenne tale potere nella mente germanica per generazioni dopo l’avvento del Cristianesimo, che i sacerdoti e i monaci cristiani inizialmente cercarono di equiparare il Wyrd al concetto cristiano di Divina Volontà o Provvidenza. Alla fine si assicurarono che si tramutasse in “strano” (Inlg. weird ndt), con tutte le connotazioni paurose ed empie che sono associate a “strano” ancora oggi.

Per rendersi conto al meglio, mentre alcuni pagani europei avevano visto la morte come la fine della vita, rappresentando Hel, il regno dei morti, come un vuoto nulla, il Cristianesimo offriva la Giustizia di Dio. Il Paradiso era la ricompensa di coloro che si sottomettevano ai desideri della Chiesa, ma per coloro che rifiutavano il governo della Chiesa era ordinato un destino alternativo, l’ammissione a un Hel[l] (inferno ndt). Questo era ora descritto come un luogo di tormento eterno.

Poiché le ricompense e le punizioni dovevano essere realizzate solo dopo la morte, nessuno poteva scoprire fino a dopo la morte se le ricompense e le punizioni promesse fossero reali, e un uomo sul suo letto di morte era facilmente tentato di offrire parte o tutta la sua ricchezza, (che altrimenti sarebbe andata ai suoi discendenti) al clero cristiano come incentivo per loro di pregare che egli andasse in paradiso piuttosto che torturato eternamente nella versione cristiana di Hel[l].

Scrive Phillpotts:

Queste idee del Paradiso, dell’Inferno e della giustizia di Dio, sono le tre idee connesse alla nuova fede che troviamo chiaramente indicate nel Beowulf, ed erano senza dubbio particolarmente caratteristiche delle prime generazioni dopo la conversione. Chiaramente la semplice disgrazia, la semplice sconfitta, era più facile da sopportare alla luce della nuova conoscenza. La vittima avrebbe potuto essere risarcita nella prossima vita per le sue sofferenze in questa, anche se quella resistenza oltre i limiti, quella sfida del destino, tanto ammirata ai tempi pagani, era ormai molto suscettibile di diventare semplice empietà.

Il Cristianesimo ha fatto arretrare la scienza in Europa sopprimendo la nozione iniziale di causalità impersonale e sopprimendo la libertà degli uomini di speculare sulla natura dell’Universo. Esso distolse l’attenzione da qualsiasi idea di indagine scientifica sostituendo il concetto di Wyrd come forza causale meccanica con le idee del Destino come Divina Provvidenza – come l’inspiegabile Volontà di Dio, che non dovrebbe mai essere messa in discussione, ma solo umilmente accettata con piena fede nella Sua bontà.

L’accademia di Platone, che era sopravvissuta per secoli dopo la sua morte, fu infine chiusa per ordine dell’imperatore cristiano di Bisanzio perché nel tentativo di comprendere gli eventi causali sfidava la dottrina della divina Provvidenza. Allo stesso modo, nel mondo germanico, il Wyrd venne ritratto come “strano”, e coloro che cercavano di esplorare i segreti della causalità furono ritratti come allineati con le forze del male.

Si può quindi sostenere che non sia stato il paganesimo europeo a portare il vero Medioevo in Europa: fu il Cristianesimo, con la sua origine nel monoteismo orientale, a sopprimere le radici del pensiero scientifico in tutta Europa; al contrario, fu il Cristianesimo, con le sue radici nel monoteismo orientale, a sopprimere l’evoluzione della scienza moderna dalla precedente credenza europea pagana protoscientifica in una sorta di forze causali inanimate. Questa fede nelle forze naturali, anche se inizialmente solo mal percepita, fu il terreno da cui l’indagine scientifica sui misteri della Vita e dell’Universo alla fine si evolse, non la Provvidenza e la “Parola rivelata di Dio”.

Appendice: Wyrd, il Destino e il Valore della Fama

Quella che conosciamo come l’Età Eroica nell’antica cultura greca, germanica, celtica, slava e persino iraniana e indo-ariana era un’espressione della dignità degli uomini che incontravano il loro destino – come determinato dal Wyrd, le irresistibili forze causali che plasmavano tutti gli eventi – coraggiosamente e senza esitazione. Essi percepivano di non poter resistere alle forze causali che determinavano tutti i movimenti nell’universo, ma si resero anche intuitivamente conto che il prestigio e lo status sociale dei loro parenti e discendenti sarebbero stati rafforzati dalla fama che avrebbero guadagnato con la loro condotta. Come Bertha Phillpotts esprime:

A proposito dei riferimenti alla Fama nella poesia anglosassone e scandinava c’è un calore e una passione che dovrebbe metterci in guardia rispetto al considerarla come il compenso della semplice abilità fisica. È un’affermazione che c’è qualcosa di più grande del destino: la forza di volontà e il coraggio degli esseri umani, la memoria che potrebbe preservare le loro azioni. Fama e carattere umano: queste erano le due cose contro le quali il destino non poteva prevalere. “La ricchezza perisce, i parenti periscono, loro stessi periscano”, dice l’Havamal dal Nord, “ma la fama non muore mai per colui che la ottiene degnamente”.

Solo i discendenti dell’eroe germanico beneficiano del coraggio con cui incontra la sua fatidica fine. Come Byrthwold dichiara nella battaglia di Maldon:

L’Anima sarà più coraggiosa, più alto il cuore, più grande il coraggio, quanto più la nostra potenza diminuisce.

Nessun pensiero di ritirata o vergognosa fuga qui, solo l’orgoglio, la dignità e il coraggio con cui gli uomini di ferro vanno alla loro morte, e quindi aumentano il prestigio dei loro discendenti e dei loro simili. Mentre la fede cristiana nella Provvidenza, nella Volontà di Dio, incoraggiava l’umiltà, la passività e la sottomissione, il pagano doveva affrontare il Wyrd con una dignità inflessibile.

Per l’europeo pagano, la vita era breve. Bertha Phillpotts indica la leggendaria similitudine del passero, per cui la vita dell’uomo è paragonata a quella di un uccello che vola nella sala del sire dove gli uomini stanno banchettando, ma rapidamente vola di nuovo fuori attraverso un’altra apertura nel tetto. In contrasto con la filosofia pagana che vedeva la vita dell’uomo come breve e volatile, il Cristianesimo prometteva qualcosa di molto innaturale: niente di più né meno di quella che in gergo popolare è stata chiamato “la torta nel cielo”, una vita eterna dopo l’altra in un cielo perfetto. È vero che, nella tradizione odinica, ai guerrieri germanici è stata offerta anche una forma più militante di “torta nel cielo” – combattimento eterno e festa come membri degli Einherjar di Odino o della banda da guerra in Valhalla – ma questo era aperto solo alla classe guerriera, e non è tipico. Ancora una volta, Bertha Phillpotts scrive:

Per i popoli del Nord non c’era ricompensa in una vita futura, poiché la dottrina del Valhalla non sembra mai aver fatto molti progressi contro le credenze molto più antiche secondo cui l’uomo morto viveva nel suo tumulo o conduceva un’esistenza oscura all’inferno. Così, come dice il versetto gnomico anglosassone: Dom bio selast “La fama è la cosa migliore”. Questo atteggiamento verso la vita merita, credo, il nome di una filosofia ed è una filosofia coerente anche se non formulata. Dipende ugualmente dalla concezione del destino e dalla concezione della fama. Nessuna delle due può essere portata via senza distruggere la rete di pensiero. Per il pagano nordico, la Fama, ottenuta affrontando il Destino con orgoglio e coraggio, aveva valore in quanto arricchiva lo status dei suoi discendenti; ma il Cristianesimo non amava l’orgoglio e indirettamente anche la fama, vedendovi qualità che sminuivano l’umiltà che gli uomini dovevano mostrare verso il loro “amorevole”, ma anche “geloso”, Dio, e forse non meno alla Sua chiesa.


[1] Questo saggio è stato in gran parte ispirato da riflessioni su uno studio di Michael Horowitz (vedi nota 2) e la ricerca più ampia della compianta Bertha Phillpotts (vedi nota a piè di pagina 4). Tuttavia, nessuno dei due ha integrato le due nozioni, che è quello che ho fatto qui. Non sono pertanto responsabili di eventuali difetti che possono essersi insinuati in questo documento.

[2] Vedasi Numa Denis Fustel de Coulanges e J. Jamieson, Famiglia, Gens e Città-Stato, Scott-Townsend Publishers, Washington D.C. per una piena esposizione della natura familiare della religione greca e romana, che era incentrata sul concetto di parentela, con gli dèi quasi incidentali al legame religioso che teneva insieme la famiglia, la tribù e lo Stato.

[3] Si può anche poter suggerire che nel mito germanico anche gli dèi fossero soggetti alla forza opprimente del Wyrd.

[4] Questo e le successive citazioni di Bertha Phillpotts sono prese dal suo saggio “Wyrd and Providence in Anglo-Saxon Thought,” in Essays and Studies by Members of the English Association, XII, (1928 per il 1927).

OSSERVAZIONI NELL’ASTRONOMIA EDDICA

Come i passaggi nelle Edda fanno da riferimento alle costellazioni

del Dr. Christopher E. Johnsen © 2014

 

1petrogylph

Immagine da un petroglifo dell’Età del Bronzo
Böhuslan, Svezia

I miti norreni hanno un sapore distintivo, ma anche molte similitudini con le mitologie greche, romane, persiane e indiane. Questi miti di altre culture hanno molte corrispondenze ben note con le stelle, mentre la tradizione mitica norrena è scarsa in questo, o forse sarebbe meglio dire che sono state intenzionalmente nascoste e le chiavi per decifrare queste corrispondenze perdute.

 L’astronomia, stjörnuíþrótt in antico norreno, è la scienza dell’osservazione delle stelle – e pare che gli antichi fossero molto bravi a farlo.  È probabile che le persone che vivono nel lontano nord, vicino al circolo polare artico, avessero una naturale tendenza a concentrarsi sull’osservazione delle stelle in quanto tante notti invernali erano riempite da nient’altro che tenebre e stelle sopra da osservare, con poco sole presente intorno al solstizio d’inverno.

Le radici dell’astronomia moderna possono essere ricondotte alla Mesopotamia, e discendono direttamente dagli astronomi babilonesi che a loro volta dovevano la loro conoscenza agli astronomi Sumeri.  I primi cataloghi stellari babilonesi risalgono a circa il 1200 a.C. e molti nomi di stelle sono in sumero, suggerendo che i Sumeri furono uno dei primi popoli, se non il primo, a studiare le stelle che sono state osservate nel registro archeologico o a ereditare una tradizione astronomica da una cultura sconosciuta precedente.

I Sumeri svilupparono il più antico sistema di scrittura noto – cuneiforme – la cui origine è attualmente datata al 3500 a.c. circa. Sono state trovate tavolette di argilla cotta con scrittura cuneiforme che registravano osservazioni dettagliate delle stelle che riconducevano all’astronomia specializzata dei successori dei Sumeri, i Babilonesi. Solo frammenti di queste tavolette di scrittura che esponevano l’astronomia babilonese sono sopravvissuti attraverso i secoli. Molti credono che “tutte le successive varietà di astronomia scientifica, nel mondo ellenistico, in India, nell’Islam, e in Occidente — se non addirittura tutti gli sforzi successivi nelle scienze esatte — dipendono dall’Astronomia babilonese in modi decisivi e fondamentali”1.  Si potrebbe dire che questa affermazione valga anche per gli astronomi norreni dell’antichità e che stavano continuando l’antica tradizione sumero/babilonese.

1cuneiform

I Sumeri crearono il concetto di divinità planetarie e usarono anche un sistema di numeri sessagesimale (in base 60).  Questo metodo di calcolo ha facilitato la manipolazione di numeri molto grandi e molto piccoli ed è la base per la pratica moderna di dividere un cerchio in 360 gradi. Il numero 60 ha dodici fattori, vale a dire 1, 2, 3, 4, 5, 6, 10, 12, 15, 20, 30 e 60. Con così tanti fattori, la manipolazione delle frazioni che coinvolgono i numeri sessagesimali è semplificata.

 

 

 

 

Per esempio, un’ora può essere divisa uniformemente in 30 minuti, 20 minuti, 15 minuti, 12 minuti, 10 minuti, 6 minuti, 5 minuti, 4 minuti, 3 minuti, 2 minuti e 1 minuto. 60 è anche il più piccolo numero che è divisibile per ogni numero da 1 a 6; cioè, è il più basso comune multiplo di 1, 2, 3, 4, 5 e 6. I numeri sessagesimali sono i più facili da usare in astronomia poiché i movimenti dei corpi celesti, visibili dalla terra, si verificano in tondo e il cielo può così essere equamente diviso.

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Proiezione stereografica dell’emisfero celeste settentrionale sul piano equinoziale.

L’astronomia può essere utilizzata per determinare sia il tempo che la posizione da un’osservazione accurata, rendendosi così utile per scopi agricoli poiché in grado di osservare e registrare i movimenti ciclici di luna, stelle e pianeti, nonché per la navigazione su terra e via mare.  Poiché i Norreni avevano una società agricola, il benessere delle persone dipendeva dalla tempistica del piantare correttamente e lo studio delle stelle poteva essere utilizzato per creare un calendario al fine di massimizzare la resa delle colture. Erano anche marinai e viaggiavano su vaste distanze tra diverse terre sul mare e avevano bisogno di un preciso metodo di navigazione, al fine di arrivare dove stavano andando.

Molti dei poemi norreni erano capolavori linguistici che sembrano essere progettati per aiutare la loro memorizzazione. Questo sarebbe anche naturale per una cultura che era più abituata alla recitazione in luoghi pubblici come metodo di comunicazione per le masse. Gran parte di questa cultura è probabile che fosse pre-letteraria o illetterata e la memoria era notevolmente più importante in assenza di una scrittura formalizzata. I poemi più facili da memorizzare avrebbero goduto di una maggiore distribuzione e vita di quelli più difficili e questa tradizione mitologica orale era un modo di trasmettere la conoscenza dell’astronomia alle generazioni future.

L’origine delle stelle e dei pianeti e anche la loro distruzione finale nel Ragnarök è discussa nel poema norreno Völuspa. Nell’Edda di Snorri Sturluson, il testo descrive come il gigante Ymir fosse stato ucciso e il suo corpo usato da tre dèi, Odino, Vili e Ve, per creare la terra.  Il suo cranio è stato trasformato nel “Firmamento” pensato per sostenere le stelle che erano prodotte dalle scintille del Muspellheim. Quattro nani reggono il cranio dell’antico gigante e sono chiamati come i punti cardinali della bussola.

 

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Sembrerebbe che le persone che hanno creato le storie (forse per trasmettere questa saggezza ai loro figli e discendenti) sugli dèi e le dèe potrebbero aver certamente codificato informazioni sui fenomeni astronomici. Sembrano esservi riferimenti astronomici nascosti nei miti norreni e vi è anche la prova che i Norreni siano stati eredi di questa antica tradizione sumero/babilonese e questo diviene più chiaro quando guardiamo alcuni numeri particolari trovati nella mitologia.

Vi è una certa quantità di numeri astronomicamente significativi presenti nell’Edda e ci sono indizi nei miti norreni che indicano che i poeti hanno ereditato e trasmesso una tradizione astronomica di numeri sessagesimali. Molti, importanti numeri unici, si trovano all’interno del Grímnismál o Discorso del Mascherato, dove si dice:

Fimm hundruð dura
ok umb fjórum tögum,
svá hygg ek á Valhöllu vera;
átta hundruð Einherja
ganga senn ór einum durum,
þá er þeir fara við vitni at vega.
23. Cinquecento e
quaranta porte vi sono,
Io credo, nelle mura di Valhalla;
Ottocento combattenti
attraverso una porta passano
Quando in guerra vanno con il lupo.

(Traduzione di Henry A. Bellows, 1923)

540 ha 20 fattori, una unità numerica standard conosciuta come una partitura, e 27, che pare anche essere un numero chiamato ciclo lunare siderale o il numero di giorni che servono alla luna per tornare allo stesso posto nel cielo.  Quando si moltiplica 540 per 800 il risultato è 432.000 che è un numero astronomicamente significativo.

Un sacerdote caldeo di nome Berossos, che scrisse in greco intorno al 289 a.C., riferì la convinzione mesopotamica che fossero trascorsi 432.000 anni tra l’incoronazione del primo re terreno e la venuta del diluvio (2). Nella storia babilonese o sumera, vi furono in totale dieci re che vissero vite molto lunghe dalla creazione al periodo dell’inondazione, che è un totale di 432.000 anni.  Questo numero rappresenta il numero di anni nel grande anno babilonese e il tempo necessario dei pianeti per tornare alla loro identica posizione nel cielo (3).  Scoprire che questo antico numero babilonese/sumerico, non arbitrario, utilizzato nella loro mitologia e astronomia, è presente anche nei miti norreni, è notevole.

Nel relativo racconto biblico, vi furono dieci Patriarchi tra Adamo e Noè, che vissero anch’essi a lungo. Noè aveva 600 anni al momento dello sbarco dell’Arca sul Monte Ararat. Gli anni totali raggiungono 1.656. In 1.656 anni ci sono 86.400 settimane, e la metà di questo numero è 43.200. Raddoppiare e dimezzare queste cifre sembra essere un tema comune. Il numero di anni da Adamo a Noè sembra nascondere il numero del ciclo del tempo e indica che il compositore di questo testo e anche il compositore del poema norreno avevano una conoscenza di funzionamento del ciclo terrestre di precessione, che tale numero indica.

La precessione è l’oscillazione periodica della terra, che gira come una trottola.  Quando la terra oscilla, lo fa su un periodo molto lungo di tempo e la oscillazione fa una rivoluzione completa solo ogni 25.920 anni.  Questa cifra divisa per il numero di base sessagesimale 60 risulta nel numero 432. Ci sono ulteriori prove che gli antichi norreni suddividevano il cielo in fette uguali di una torta circolare di 360, riecheggiando l’approccio di Babilonesi e Sumeri con il loro uso di calcoli sessagesimale, proprio come noi usiamo attualmente strumenti sessagesimali come l’orologio, accanto alla comune matematica decimale.

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rotazione astri

È chiaro che gli astronomi babilonesi pensavano in termini di sei e dodici più di quanto faccia la nostra cultura attuale, in cui pensiamo in termini di decine, centinaia e migliaia. Il calcolo sessagesimale, 60 x 60 x 120, è uguale a 432.000. Per una società  basata su sestine e dozzine, parlare di 432.000 di qualcosa è come parlare di un centinaio di migliaia di qualcosa la gente di oggi. Per un astronomo babilonese, 432.000 sembrerebbe come un bel numero regolare perché ha molteplici fattori che sono facili calcoli sessagesimali.

Grímnismál contiene anche una descrizione della cosmologia norrena e delle case degli dèi. Come notato sopra, questo carme contiene il numero astronomicamente significativo 432.000, tuttavia, una parte precedente del poema che descrive le case e le terre degli dèi ha l’influenza sessagesimale dato che sono descritte dodici case degli Dèi e Dèe:

1. Thrudheim per Thor così come Ydalir (la Valle dei Tassi apparentemente in Thrudheim) per Vulder che è il suo figliastro.
2. Alfheim per Frey
3. Valaskialf per Vali
4. Sokkvabekk per Saga (Frigga)
5. Gladsheim per Odino che lì ha la sua sala – il Valhalla
6. Thrymheim per la gigantessa Skadi che la governa dopo la morte di suo padre Thiazi.
7. Breidablik per Balder
8. Himinbiörg per Heimdal
9. Folkvang per Freya
10. Glitnir per Forseti
11. Noatun per Njord
12. Landvidi per Vidar

Le dodici case degli dèi accennate, possono essere suggerite come situate nel cielo, poiché il cielo per molte migliaia degli anni è stato diviso in dodici “case” uguali a quelle conosciute nell’astrologia moderna. Case e sale sono la stessa cosa sia nel presente che nel passato.

Qui ci sono antichi numeri mesopotamici che appaiono in un poema norreno – cosa che è molto interessante, non è vero? Oltre a questi numeri, tuttavia, ci sono alcuni altri indizi che le poesie stanno descrivendo luoghi stellari e corpi celesti.

Nella Skáldskaparmál, Edda in prosa, Aurvandill, il primo marito di Sif e padre di Vulder, è menzionato nel contesto di un viaggio che ha intrapreso con il Dio Thor:

[Þórr]  hafði vaðit norðan yfir Élivága ok hafði borit í meis á baki sér Aurvandil norðan ór Jötunheimum, ok þat til jartegna, at ein tá hans hafði staðit ór meisinum, ok var sú frerin, svá at Þórr braut af ok kastaði upp á himin ok gerði af stjörnu þá, er heitir Aurvandilstá.   Thor aveva guadato dal nord sopra il fiume Elivagar e aveva sopportato Aurvandill in un cestino sulla sua schiena dal nord di Jötunheim. E aggiunse per ricompensa, che una delle dita di Aurvandill fu bloccata dal cesto, e divenne congelata; pertanto Thor lo spezzò e lo gettò nei cieli, e ne fece la stella chiamata Dito di Aurvandill.

Il Norreno Aurvandill è equivalente dell’Antico Inglese Ēarendel ed è stato ritenuto significare  “il vagabondo luminoso”, una descrizione ragionevole del pianeta Venere, dal momento che “pianeta” significa “vagabondo”.  Sembrerebbe ragionevole che i Norreni si riferissero a Venere nel mito in cui Thor lancia il dito di Aurvandill verso il cielo.

L’Antico Inglese Earendel appare nei glossari tradurre Iubar come “Radiosità” o “Stella del Mattino”. Nel poema antico inglese Crist I si leggono le linee:

 éala éarendel engla beorhtast
ofer middangeard monnum sended
and sodfasta sunnan leoma,
tohrt ofer tunglas þu tida gehvane
of sylfum þe symle inlihtes.
Ave o Earendel, più luminoso tra gli angeli,
dalla Terra di Mezzo mandato agli uomini,
e vera radiosità del Sole
splendi tra le stelle, ogni stagione
sempre più luminoso di te stesso.(4)

Il nome Earendel è qui preso per riferirsi a Giovanni il Battista ed è indirizzato come la stella del mattino che annuncia la venuta di Cristo, il Sole. Naturalmente, ci sono altre teorie, tra cui Richard Allen che collega Orione con Aurvandill, identifica la stella Rigel come una delle sue dita dei piedi e la punta congelata e spezzata come la stella Alcora (5).

Ci sono anche riferimenti diretti a corpi celesti nella mitologia norrena. Il poema Alvismal contiene una serie di domande e risposte su come i corpi celesti sono chiamati da varie razze. Thor chiede ad Alvis queste domande per testare la conoscenza del nano che vuole essere il pretendente di sua figlia Thrud.

Illustrazioni di William Gershom Collingwood (1854-1932)

 Þórr kvað:

“Segðu mér þat, Alvíss,
– öll of rök fira
vörumk, dvergr, at vitir -:
hvé sú jörð heitir,
er liggr fyr alda sonum
heimi hverjum í?”

Thor parlò

9. “Rispondimi, Alvis!
tu che conosci tutto,
Nano, del destino degli uomini:
Come chiamano la terra,
che giace dinanzi a tutti,
in ognuno dei mondi?”

Alvíss kvað:

“Jörð heitir með mönnum,
en með ásum fold,
kalla vega vanir,
ígræn jötnar,
alfar gróandi,
kalla aur uppregin.”

Alvis parlò:

10. ” ‘Terra’ per gli uomini, ‘Campo’
è per gli Dèi,
‘Le Vie’ è chiamata dai Vanir;
‘Sempre Verde’ dai Giganti,
‘Crescente’ dagli Elfi,
‘La Poltiglia’ dagli Altissimi.”

Þórr kvað:

“Segðu mér þat, Alvíss, –
öll of rök fira vörumk,
dvergr, at vitir -:
hvé sá himinn heitir,
erakendi,
heimi hverjum í?”
 Thor parlò:

11. “Rispondimi, Alvis!
tu che sai tutto,
Nano, del destino degli uomini:
Come chiamano i cieli,
vista che sta in alto,
In ognuno dei mondi?”

Alvíss kvað:

“Himinn heitir með mönnum,
en hlýrnir með goðum,
kalla vindófni vanir,
uppheim jötnar,
alfar fagraræfr,
dvergar drjúpansal.”

 Alvis parlò:

12. ” ‘Cielo’ lo chiamano gli uomini,
‘L’Altezza’ gli dèi,
I Vanir ‘Il Tessitore di Venti’;
I Giganti ‘Il Mondo di Sopra’,
gli Elfi ‘Il bel Tetto’,
I Nani ‘La Sala Grondante.'”

 Þórr kvað:

“Segðu mér þat, Alvíss,
– öll of rök fira vörumk,
dvergr, at vitir -:
hversu máni heitir,
sá er menn séa,
heimi hverjum í?”

 Thor parlò:

13. “Rispondimi, Alvis!
tu che sai tutto,
Nano, del destino degli uomini:
Come chiamano la luna,
che gli uomini ammirano,
In ognuno dei mondi?”

Alvíss kvað:

“Máni heitir með mönnum,
en mylinn með goðum,
kalla hverfanda hvél helju í,
skyndi jötnar,
en skin dvergar,
kalla alfar ártala.”

Alvis parlò:

14. “‘Luna’ tra gli uomini,
‘Fiamma’ gli dèi di sopra,
‘La Ruota’ nella casa degli inferi;
‘L’Andante’ i Giganti,
‘La Splendente’ i Nani,
Gli Elfi ‘Colui che dice i tempi.”

Þórr kvað:

“Segðu mér þat, Alvíss,
– öll of rök fira vörumk,
dvergr, at vitir -:
hvé sú sól heitir,
er séa alda synir,
heimi hverjum í?”

Thor parlò:

15. “Rispondimi, Alvis!
tu che sai tutto,
Nano, del destino degli uomini:
Come chiamano il Sole,
che tutti vedono,
In ognuno dei mondi?”

 Alvíss kvað:

“Sól heitir með mönnum,
en sunna með goðum,
kalla dvergar Dvalins leika,
eygló jötnar,
alfar fagrahvél,
alskír ása synir.”

Alvis parlò:

16. “Gli uomini lo chiamano ‘Sole,’
gli Dèi ‘Sunna’,
‘Ingannatore di Dvalin’ i Nani;
I Giganti ‘Il sempre Splendente’,
gli Elfi ‘Bella Ruota’,
‘Tutto-splendente’ i figli degli Dèi.”

(Traduzione di Henry A. Bellows, 1923)

I nani avrebbero avuto un’ampia opportunità di osservare il cielo notturno poiché si tramutavano in pietra se esposti alla luce del sole.  Queste kenning non sono ovvie per i fenomeni descritti e il “codice” rivelato da Alvis è uno dei pochi casi nei poemi norreni in cui è reso chiaro che la conoscenza del cielo e delle stelle era presente tra coloro che hanno scritto i miti.

Ci sono altri indizi nella poesia eddica e scaldica a indicare che gli Antichi Norreni fossero informati in astronomia, tuttavia le prove citate sopra sono quelle più facilmente riconoscibili tra le varie poesie che compongono il corpus di ciò che noi chiamiamo Mitologia Norrena. Molte più corrispondenze possono essere dedotte o intuite dal confronto con la mitologia romana, greca e indiana, che hanno meglio conservato i legami astrali con i miti, e questo è un campo di studio affascinante che merita una ricerca ulteriore.

1. A. Aaboe (May 2, 1974). “Astronomia Scientifica nell’Antichità”. Transazioni Filosofiche della Royal Society 276 (1257): 21–42. doi:10.1098/rsta.1974.0007. JSTOR 74272.
2. Thorkild Jacobsen, Lista dei Re Sumeri, 1939, pp. 71, 77.
3. Ogier, J. Costellazioni Eddiche.
4. Crist I (ll. 104–108) di Cynewulf.
5. Richard Hinckley Allen, Star Names; Their Lore and Meaning.

Mezza Estate

Solstice

Affiorare lei vede
ancora una volta
la terra dal mare
di nuovo verde.
Cadono le cascate,
vola alta l’aquila,
lei che dai monti
cattura i pesci.

Si ritrovano gli Æsir
a Idavoll,
e del serpente intorno al mondo
possente, ragionano,
[e rammentano là
le grandi imprese,]
e di Fimbultýr
le antiche rune.

Lì di nuovo
meravigliose
le scacchiere d’oro
si ritroveranno nell’erba.
Eran quelle che anticamente
avevano posseduto.

Cresceranno non seminati
i campi;
ogni male guarirà,
farà ritorno Balder.
Abiteranno Hoder e Balder
le vittoriose rovine di Hropt,
felici dèi guerrieri.
Volete saperne ancora?

Allora Hœnir
l’aspersorio sceglierà,
e i figli abiteranno
dei due fratelli
l’ampio mondo del vento.
Volete saperne ancora?

Vede lei ergersi una corte
più bella del sole,
d’oro ricoperta,
in Gimli.
Là abiteranno
schiere di giusti.

IL CUORE DEL WOTANISMO

Wotansvolk

di Ron McVan

È stato detto che l’uomo perde il senso di orientamento quando la bussola della sua anima non è magnetizzata da una grande stella umana nell’orbita della sua esperienza. Questa verità è stata intuitivamente intesa negli ambiti della letteratura e della religione. Quando cerca la guida spirituale, l’uomo può seguire il suo percorso personale attraverso la Natura, la scienza o la filosofia o gravitare attorno a un determinato ideale religioso che si adatta meglio alle sue esigenze. Sappiamo che l’uomo come essere umano, inevitabilmente, ama. Mettendo via tutti gli ostacoli e le distrazioni quotidiane della vita, cos’è che l’uomo cerca veramente? Per prima cosa l’amore, perché senza di esso, come umani, ci sentiamo vuoti e incompleti. La seconda sarebbe certamente la necessità di conoscenza e di illuminazione spirituale come mezzo per sollevarsi da un mondo fisico di sopravvivenza apparentemente inutile, al fine di acquisire una maggiore coscienza e quindi una migliore comprensione del cammino delle nostre anime e dell’universo di cui siamo parte.

Negli ultimi anni del XIX secolo molti europei si ritrovarono risvegliati alle loro religioni pagane etniche ancestrali. Questo passaggio dal pensiero religioso tradizionale si è tradotto in parte con l’interesse di approfondire i misteri e con la necessità di legarsi ancora una volta alle proprie radici ancestrali, cosa alla quale il Cristianesimo e le altre religioni orientali straniere non potevano provvedere. Le due religioni europee pagane che sono tornate in rilievo con l’impatto più profondo e duraturo sono il Wotanismo teutonico e il Druidismo celtico, che insieme soddisfano i bisogni spirituali di tutti gli Europei del mondo occidentale. La religione del Wotanismo è stata a lungo conosciuta come religione guerriera, e sebbene quella descrizione sia abbastanza calzante, è equilibrata anche con una profonda spiritualità che rispetta e pratica i principi dell’amore, della compassione, della generosità, dell’etica alta e delle nobili virtù, e il massimo rispetto per la Natura. Nel Wotanismo si riconosce che qualsiasi religione che non provenga dal proprio popolo, dai propri costumi e dalla propria cultura, o che non contenga la forza sufficiente per difendersi e sostenersi, è una religione suicida!

Con la sua riverenza verso l’alta etica del guerriero, il Wotanismo è spesso frainteso come una religione maschile dominante, tutta orientata alla battaglia e al macho-guerriero e priva di qualsiasi sensibilità, amore o sentimento. In superficie, con tutta la sua esteriorità vichinga, è comprensibile che il Wotanismo possa essere percepito in questo modo. Tuttavia occorre solo sondare un po’ più in profondità per scoprire che non è così, e che il Wotanismo come percorso spirituale è in perfetto equilibrio. I Cinesi hanno definito l’equilibrio degli estremi opposti come “Yin e Yang” e hanno creato un simbolo per rappresentare l’essenza visibile di quell’equilibrio, che rimane forse il simbolo più perfetto per esprimere quella armoniosa unione di estremi opposti.

Troviamo simili interpretazioni forvianti sulle molte e antiche tribù europee, che sono state ritratte come dominanti maschili, quando in realtà la donna era il centro stesso della famiglia e della vita tribale. Gli uomini combattevano fino a una sanguinosa morte per la sicurezza e la protezione della moglie e della famiglia, allevavano e cacciavano per sostenere la famiglia e costruivano case per la loro preziosa famiglia, spesso dietro indicazioni delle mogli. L’universo della donna era la casa e la crescita della famiglia. La donna era, ed è, il nucleo stesso dell’unità familiare!

In realtà la donna aveva il compito più importante di tutti. Preparare i suoi figli ad affrontare le molte sfide e le dure realtà della vita era certamente un lavoro a tempo pieno e impegnativo! Le donne dei tempi antichi erano evidentemente molto più forti rispetto alle donne di oggi. Erano in gran parte responsabili della preparazione dei loro ragazzi nel diventare guerrieri competenti tanto quanto il padre. Per esempio, le donne troiane avrebbero spedito i loro ragazzi alla guerra e alla partenza dicevano loro: “Torna vittorioso con il tuo scudo o sopra di esso!” In quei giorni di sanguinosi combattimenti corpo a corpo, solo un genitore strano e delirante, con un desiderio di morte per suo figlio, gli avrebbe detto, mentre lasciava la casa per andare in guerra: “Ah, comunque, figliolo, non dimenticare di porgere l’altra guancia, e ama il tuo nemico!” Quando una religione sconvolge o in ultimo nega ai suoi seguaci la libertà di seguire i propri istinti naturali di autoconservazione, preferendo che siano pecore e agnelli, allora quella religione sta sicuramente preparando la strada per la loro inevitabile fine ed estinzione!

Ci sono momenti di guerra. Ci sono momenti di pace. Ci sono momenti per l’amore. E sì, ci sono tempi anche per un giusto odio. Il pericolo dell’odio è che può fare agire con l’emozione e l’irrazionalità del pensiero. In tempi di odio bisogna rimanere razionali e agire con fermezza. L’intelligenza e la pazienza sono forse il mezzo migliore per bilanciare la giustizia. Più comprendiamo le nostre emozioni, meno eccessivi saranno i nostri appetiti e desideri. L’uomo deve trovare l’equilibrio in se stesso, tanto quanto la religione deve trovare il suo centro perfetto di equilibrio.

Il Wotanismo è fondato sulla forza del carattere, la conoscenza, i poteri della volontà e dell’illuminazione spirituale, ma allo stesso tempo comprende la vitale e necessaria validità dell’amore e della compassione. Più importante per qualsiasi Wotanista è l’amore per la famiglia, il proprio popolo e la Natura. I Wotanisti sono liberi pensatori e non ottusi. Come molti dei loro simili pagani, sono amanti della conoscenza, della poesia, della danza, della musica, dell’arte, della bellezza e della spiritualità. Il Wotanismo ha un equilibrio nel rispetto e nel culto degli dei e delle dee. Quando le donne moderne familiarizzano di più con il percorso spirituale del Wotanismo, potranno trovare molte cose che si confanno ai loro interessi femminili e un’abbondanza di divinità femminili. Nel Wotanismo il femminismo e lo sciovinismo non sono incoraggiati. Sia l’uomo che la donna dovrebbero sempre essere ugualmente rispettosi l’uno dell’altra perché, diciamolo, in molte cose sono uguali, e divinamente progettati l’uno per i bisogni dell’altra e viceversa! Senza l’altro non siamo mai veramente interi. Tutto ciò che può portare un uomo e una donna a odiare il loro sesso opposto è semplicemente una malattia della mente! Il fatto che il femminismo e lo sciovinismo prosperino oggi nel mondo moderno è il risultato della società discordante, malata e squilibrata a cui ci siamo abbandonati. Gli uomini e le donne sono stati progettati per amarsi e confortarsi a vicenda e produrre bambini attraverso la perfetta unione divina dell’amore fisico e mentale. Senza “Amore” non c’è vita che valga la pena vivere! L’amore è praticamente l’armonia, ma occorre un momento per considerare cosa produce l’amore in sé: bontà, pace, prosperità, tranquillità, felicità, successo, sicurezza, gioia, bellezza, felicità, pazienza, perseveranza, saggezza, conoscenza, verità, luce, comprensione, compassione, giustizia, generosità, carità, altruismo, onestà, fermezza, salute, purezza, giovinezza, vita e perfezione – tutte condizioni sempre meno osservate dalla maggior parte delle persone nella nostra moderna società di oggi.

Tante chiese si riempiono ogni domenica e parlano sempre di come siano gentili e amorevoli, poi trascorrono il resto della settimana agendo come diavoli! Con l’aiuto delle sue chiese, l’uomo ha sviluppato un’immagine molto distorta di se stesso. Se gli esseri umani sono stati progettati per essere creature amorevoli, avremmo eliminato la guerra e il tradimento migliaia di anni fa! Le persone sono inclini a pensare ai Vichinghi come barbari violenti, ma in realtà il mondo in cui viviamo oggi è dieci volte più violento e spietato dell’epoca Vichinga o di qualsiasi altra epoca precedente. Il Wotanismo, deve essere chiarito, non nasce nei 300 anni di epoca vichinga, ma ha migliaia di anni. Lo scrittore spirituale mistico Vernon Howard fa un punto interessante su questo argomento quando afferma: “La maggior parte delle discussioni sull’amore sono proprio questo: discussioni. Un uomo si deve comportare secondo il suo livello di sviluppo psichico. Nessuno può comportarsi secondo un livello di amore più alto del livello che possiede. Ma ci si ricordi che gli esseri umani sono molto astuti con le apparenze esteriori dell’amore, quindi non fatevi ingannare: lavorando su se stesso, un uomo può elevare il suo livello di amore. Poi si comporterà diversamente, con più compassione genuina. Quello è un obiettivo del percorso mistico. Vogliamo elevare la nostra compassione aumentando il nostro livello spirituale”.

L’aldilà nel Wotanismo come tradizionalmente descritto nella mitologia, si sviluppa intorno alla Grande Sala vichinga del Valhalla, coperta di scudi di battaglia e adornata da molte lance. Sarebbe facile per le donne di oggi avere la sensazione che il Valhalla sia completamente orientato verso l’uomo come descritto nei film di Hollywood che distorcono grossolanamente la realtà del Valhalla in un gruppo di guerrieri selvaggi che girano attorno a un tavolo a bere corni di idromele con il potente Wotan. Il Valhalla, scevro delle interpretazioni hollywoodiane e mitologiche, è semplicemente un piano spirituale più alto dell’esistenza vissuta qui a Midgard (terra), che è il regno inferiore della carne corporale e della materia. Quando nei libri si legge di guerrieri che sono tenuti a provare se stessi in battaglia prima di poter sperare di entrare nel Valhalla, anche questo può diventare abbastanza fuorviante. Non tutti devono combattere un’epica battaglia eroica su un sanguinoso campo di battaglia per dimostrare il loro valore nel Valhalla. Le battaglie possono essere di natura molto diversa. Può essere una cosa molto comune, come combattere una malattia o lavorare duramente per provvedere alla propria famiglia, o un atto di beneficenza per coloro che hanno bisogno, una vita vissuta in onore e integrità o un qualsiasi numero di azioni giuste. Il fine è semplicemente essere coraggiosi, impavidi, onorevoli e intelligenti in tutte le proprie azioni, prove e tribolazioni qui a Midgard. Come dice il principio wotanista di base: “Opera nel giusto e non temere nessuno!”

Proprio come nella famiglia e nella tribù, il femminile e il maschile devono sempre trovare un perfetto equilibrio, e quando si tratta della religione non è diverso. Nel Cristianesimo, i Cattolici hanno mantenuto gran parte delle loro tradizioni pagane perché hanno capito che era necessario. Sapendo che in una religione si deve avere un equilibrio di polarità maschile e femminile, hanno reso la loro Vergine Maria essenzialmente una dea femminile appropriata per bilanciare la figura maschile di Gesù. Dall’altra parte i Protestanti adorano solo il maschile e si attengono alla linea biblica semitica secondo cui le donne sono inferiori agli uomini e devono vivere solo come servitori del maschio. Così, la religione protestante rimane pesantemente asimmetrica. Kahlil Gibran ha fatto questa attenta osservazione sulla sacra figura della madre: “La parola più bella sulle labbra dell’umanità è la parola ‘Madre’, e l’invocazione più bella è ‘Mia madre’. È una parola piena di speranza e amore, una dolce e gentile parola proveniente dalla profondità del cuore. La madre è tutto – è la nostra consolazione nel dolore, la nostra speranza nella miseria e la nostra forza nella debolezza, è la fonte dell’amore, di misericordia, simpatia e perdono. Chi perde la madre perde un’anima pura che lo benedice e la protegge costantemente”. Lo stesso vale per la dea madre. Il mondo che conosciamo è un miscuglio di energie maschili e femminili che scorrono e negarne uno vuol dire negare la legge universale inequivocabile della polarità.

Il Wotanismo non spinge la sua gente a conformarsi a qualche dogma a priori o a coltivare paure innaturali se essi andassero troppo lontano dalla legge divina, per cui certamente bruceranno in un terribile inferno per sempre! Né grava nessuno dell’idea crudele e altamente innaturale per cui tutti gli esseri umani nascono peccatori! Come se un bambino appena nato conoscesse la differenza tra il bene e il male! Nel Wotanismo sono presenti codici di etica buoni e pratici che servono come suggerimenti, verso valori e virtù che possono generare sani e coraggiosi tratti di carattere secondo cui vivere. Questi codici etici vengono tramandati dai nostri saggi antenati e conosciuti e correlati alla legge divina dei nostri dèi etnici tribali. Forzare qualcuno a conformarsi ad un insegnamento tramite la paura è estremamente innaturale e produce risultati innaturali.

Si troverà infinito spazio per l’espressione nell’arte e nella bellezza sia nel Wotanismo teutonico che nel Druidismo celtico. Le arti svolgono un ruolo estremamente importante in qualsiasi religione o comunità di popolo. Le arti servono a ispirare e stimolare gli alti ideali di amore per la bellezza e l’armonia, fornendo infinito piacere al pubblico. L’artista F.W. Ruckstull (1925) ha fatto questo commento saliente sul tema dell’arte: “L’arte come nessun’altra cosa, crea ricchi ideali di scelta del compagno tra uomo e donna, insegna agli uomini e alle donne ciò che è bello e ciò che non lo è, cosa scegliere e cosa rifiutare l’uno dell’altro, e la selezione di un compagno tra l’uomo e la donna è la causa suprema dell’ascesa o del declino razziale. L’Arte crea i nostri ideali assoluti di bellezza umana e di eccellenza interiore. E i nostri ideali di bellezza e di eccellenza interiore determinano la base di tutta l’evoluzione e la selezione dei partner. La bellezza è quindi la bandiera fiammeggiante della Natura per la sua evoluzione. E se, come abbiamo visto, gli ideali della bellezza fisica possono, attraverso la scelta del matrimonio, cambiare i volti degli uomini, così anche la bellezza morale, con lo stesso processo, cambia la mente e il cuore degli uomini. L’arte è quindi il più alto contributo dell’uomo al processo evolutivo”.

I Wotanisti non vivono in un vuoto come tribù e ciechi verso il mondo in generale. Il futuro di tutta l’umanità, del pianeta e di tutte le creature viventi sono una responsabilità vitale che non può essere ignorata. Forse abbiamo ereditato un mondo di discordia, ma non dobbiamo rimanere così, perché non è possibile! L’intero pianeta non sopravvivrà molto a lungo, a meno che le nazioni del mondo non lavorino insieme per fare passi significativi per la pace e l’armonia mondiali tra noi e con il pianeta in cui abitiamo. Se il pianeta muore, tutta l’umanità muore con esso! L’armonia è l’assenza di discordie e la discordia è ciò che conduce tutta l’umanità e il pianeta a una morte certa se continuiamo a ignorare l’ovvio!

LO SPIRITO GUERRIERO WOTANICO

fuoco-sacro

di Vjohrrnt V. Wodansson

Tra le tante parodie riguardanti questa presunta rinascita della tradizione primordiale del Wotanismo, sicuramente uno degli aspetti più contorti è la totale mancanza di spirito wotanico nell’uomo. Nel cammino guerriero degli Einherjar, i guerrieri senza paura scelti da Wotan hanno perso la pelliccia di lupo e la pelle d’orso lasciando il posto a un ben preciso e innaturale pensiero cristiano umanitario. Ogni traccia del dono del Padre di Tutto all’Uomo: l’Oend (soffio vitale) e l’Odhr (Furia) di suo fratello Hœnir, sono stati portati via da coloro che non vorrebbero mai vedere un vero uomo e la sua gente levarsi in piedi fieri sfidando i falsi valori decadenti e i dogmi imperfetti del Giudeo-cristianesimo. Il ponte per le sale dorate del Valhalla è stato chiuso e le Valkyrie non cavalcano più in cerca di caduti sul campo di battaglia, perché non c’è più nessuno che faccia la guerra al modo in cui un tempo facevano gloriosamente i nostri antenati e i loro padri prima di loro. In alto sul suo trono, il Dio da un occhio solo deve sicuramente essere ansioso di qualche notizia da Hugin e Mugin… la notizia di un risveglio eteno.

In sostanza, le tradizioni integrali dell’Etenismo Nordico, sia esso slavo, celtico, teutonico, ecc, hanno tutte in sé il percorso guerriero su tutti gli altri. Le antiche tribù barbariche conoscevano questo come un processo naturale nella vita di un uomo: la ricerca del risveglio del fuoco interiore immemore, il soffio vitale di Wotan. Si tratta di un innegabile istinto primordiale nell’uomo, quello di cercare di dimostrare il proprio valore non solo agli altri, ma prima di tutti a se stesso. Già fin da giovanissimo, al ragazzo era data la sua prima spada e venivano insegnate le arti del combattimento dal padre. Non appena un ragazzo si rende conto di poter morire e di avere anche il potere di dare la morte ad un altro, diventa un uomo. Nei nostri tempi moderni, ai ragazzi viene fatto il lavaggio del cervello in età molto giovane per perdonare, accettare, tollerare e amare senza restrizioni o discriminazioni. Questa NON è la via del guerriero. Perché non è nella natura dell’uomo “amare” e “tollerare” nella misura in cui ciò diventi una sua debolezza, che quindi riflette sulla sua gente. L’amore, la tolleranza, l’accettazione e il perdono non sono necessariamente sbagliati, ma bisogna essere selettivi su chi è il destinatario di questi valori. La natura profonda dell’uomo è combattiva e bellicosa. Wotan spesso ha cercato di creare conflitti tra clan solo per divertirsi nelle guerre degli uomini e ciò gli permise anche di vedere chi era fedele ai suoi insegnamenti e chi non aveva capito la via della spada.

Nel contemporaneo movimento “Asatru”, ci sono molti nostri simili che trascurano questo percorso d’onore. Si concentrano unicamente sull’aspetto essoterico del culto Asatru e trascurano l’essenza esoterica. Il vero “blot” è un elemento tradizionale della cultura pagana della nostra gente e un modo per comunicare con gli Dei e le Dee, ma il vero potere di qualsiasi rito di venerazione sta nel suo simbolismo primordiale. Anche senza riti, costumi, persino parole, la potenza del rito è ancora schiacciante e il suo significato iniziale ancora compreso da Dei e Dee. E una parte importante di questa tradizione esoterica è il percorso del guerriero. Per il vero guerriero, le battaglie non si vincono solo sul campo di battaglia, ma nell’anima, nel cuore e nello spirito. La più grande battaglia che si potrà mai combattere non sarà mai contro un nemico umano, che dopo tutto è semplicemente “umano”, ma contro la propria capitolazione dinanzi al percorso scelto. L’Einherjar segue una strada molto solitaria e difficile, piena di imboscate continue e tradimenti. Si tratta di un percorso volontariamente scelto e, una volta intrapresa questa strada pericolosa, non si può tornare indietro, poiché ne va del proprio orgoglio e onore.

Per l’uomo moderno non ci sono sfide, non ci sono grandi guerre, e nessuna missione onorevole che possa risvegliare l’antico fuoco. L’uomo di oggi è troppo impegnato a guardare il calcio, guidare auto sportive, vantarsi delle sue conquiste sessuali ed essere solo pigro, puro e semplice. Ogni virilità e traccia di virilità è sparita. Sostituita da attributi femminili come la morbidezza e la sensibilità. E qui NON sto svalutando le nostre sorelle etene, ma affermo semplicemente un dato di fatto. Questi attributi, come la sensualità, la maternità, riguardano il lato femminile e tutto l’aspetto lunare della natura femminile. L’uomo è una rappresentazione solare di quella natura primordiale.

Il mondo pacifista in cui viviamo cerca con tutti i mezzi possibili di rovesciare, e anche peggio, incrociare queste nature, cercando di fonderle insieme in modo da eliminare ogni traccia di ciascuna. Il fine è riconquistare l’essere androgino originale. Questo è assolutamente intollerabile per ogni vero uomo e donna del nostro Popolo. Non possiamo negare la nostra natura. Possiamo solo trascenderla. Ci sono molti esempi di nostri simili auto proclamati Asatru che hanno condannato ogni approccio violento o combattivo delle tradizioni etene. Alcuni arrivano persino al punto di accettare Cristiani e non-Ariani nei loro kindred. Alcuni gruppi sostengono la tolleranza in rete e cercano di ritrarre il Paganesimo Integrale come una religione hippy di amore che adora la natura. Questo è il moderno approccio di molte “tradizioni” neo-pagane, molti movimenti pseudo-pagani che promuovono apertamente l’omosessualità e il consumo di droga e credono che camminare a piedi nudi nel bosco li renda “un tutt’uno con la natura” e le loro droghe allucinogene li aiutino a comunicare con Diana, Pan o chiunque altro. Questi gruppi che dichiarano di essere veri seguaci delle antiche vie, attaccano i Wotanisti tradizionali con false accuse di pervertire l’essenza della Fede, quando in realtà sono loro che la stanno sovvertendo in una religione umanitaria/universalista. Gli antichi vichinghi erano conquistatori e guerrieri senza paura che non mostravano alcuna pietà verso i loro nemici e non facevano assolutamente proselitismo per la fede dei loro padri tra le altre razze. Persino in Europa gli antichi Vichinghi non hanno imposto le loro credenze ad altri europei, perché le vie del Nord non erano e continuano non essere destinate a tutti. Quando si guarda al pantheon norreno, molte delle divinità principali, come Wotan, Thorr, Tyr, Heimdall, e anche la bella e sempre temibile Freiya e le sue Valkyrie, tutti loro, maschi e femmine, hanno un punto centrale che li unisce: LA GUERRA! Il combattimento, la difesa, tutti aspetti di natura bellicosa. Quindi, come può questa più essenziale tradizione pagana diventare così temuta e vergognosa oggi giorno?

Lasciare che l’antico fuoco interiore vada spegnendosi, comporterà solo l’indebolimento del vostro spirito e di quello della vostra gente intorno a voi. Quella fiamma che brucia alta nei cuori del vero popolo è l’essenza stessa dello spirito del nostro popolo. Il fuoco primordiale è combinato al ghiaccio primordiale rappresentato dalla nostra freddezza: la nostra dissociazione dalla decadente e malconcia fede giudaico-cristiana. Loro cercano di diffondere la loro fede come una piaga in tutto il mondo e schiavizzare il maggior numero possibile di poveri esseri umani dormienti e ignari, mentre noi dovremmo sforzarci di tenere i nostri modi per noi stessi e aprire i nostri cuori soltanto, e molto selettivamente, a certi individui orgogliosi che hanno sentito la chiamata del corvo. È inutile cercare di risvegliare tutte le menti insonnolite dal loro lungo torpore, i venti del Nord canteranno a loro solo quando saranno pronti e degni di decifrare il loro nome nella loro musica. Per la maggior parte di loro, una morte senza onore li prenderà molto prima. Diversamente dal dio dei deboli, Wotan non si cura della quantità; un milione di deboli vigliacchi non potrà mai corrispondere a un centinaio di Einherjar orgogliosi e forti. Perché attraversare Bifrost e vivere per sempre nelle Sale di lance e scudi d’oro dove verità, valore e coraggio sono considerati come segno distintivo dell’anima nobile, è un onore che sarà concesso solo ai guerrieri.

È imperativo rimettere in prospettiva i veri principi del culto wotanico. Le vie della pace sono per coloro che abbandonano la lotta, che voltano le spalle al loro popolo e alle memorie dei loro antenati. Quei “neo-pagani” fai da te stanno offuscando la purezza della Fede. Il “neo” va contro la tradizione ed è quindi un insulto alle credenze della nostra gente. Quello che fanno è diluire l’essenza e piegarla in qualcosa di accettabile e interessante per le masse. La nostra strada è quella della guerra, a livello fisico e spirituale. Noi muoviamo guerra contro coloro che vorrebbero negarci la libertà di vivere la nostra vita come i nostri padri. Di essere orgogliosi della nostra eredità, della nostra cultura e del nostro sangue. Di difendere le nostre tradizioni, la nostra gente e la nostra Fede. Di onorare le 14 parole, e di essere uomini e donne di integrità e onore in un mondo privo di entrambi. Di essere guerrieri.

CHI È WOTAN

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di Ron McVan

Le antiche leggende raccontano che gli dei crearono gli uomini della loro propria sostanza, ‘a loro immagine’, come dice la Bibbia, e che per ere i maestri divini hanno camminato sulla terra con noi, insegnando alle neonate intelligenze a comprendere ed agire secondo i modi della natura. Nel corso del tempo, mentre il genere umano perseguiva la conoscenza e acquisiva l’esperienza del bene e del male, attraverso l’esercizio del libero arbitrio, l’innocenza di quei giorni andò perduta. Nel progresso a capofitto verso altri interessi materiali, l’umanità andava alla deriva lontana dai suoi precettori divini. Da allora in poi, la nostra razza dovrà guadagnarsi la liberazione: la nostra coscienza umana dovrà imparare a conoscere la verità dall’errore e liberarsi volontariamente dai richiami della materia, al fine di prendere il suo giusto posto in mezzo agli dei.

Elsa-Brita Titchenell

Ai giorni nostri le origini del Wotanismo restano imprecise nella migliore delle ipotesi. È noto che il Wotanismo come religione è arrivato alla ribalta popolare in tutta Europa grazie alle rune che Wotan aveva creato, da qualche parte intorno al 350 a.C., ma vi è ampia evidenza nel concludere che il Wotanismo ha origine molto più addietro, al tempo di ‘Hermes Trismegistos’. Ai fasti dell’antica Atlantide la divinità patriarcale regnante era il dio Poseidone e tale rimase fino agli ultimi giorni della distruzione di quella civiltà. L’origine del Wotanismo in realtà può essere tracciata e fatta risalire ai tempi Iperborei, quando l’alto dio Mimir regnava nella prima età delle razze giganti, un tempo antichissimo che ha dato i natali alla prima cultura dell’uomo. Mimir, Bestla (la madre di Wotan), le Norne e Nat, vivevano come un gruppo di esseri affini, tutti appartenenti alle più antiche tra le razze giganti. Mimir era noto per essere il più saggio di tutti gli dei, ma poi cedette a Wotan la sua vasta conoscenza a costo dell’occhio sinistro di Wotan (la luna), che egli giurò con la sua parola di sacrificare nel pozzo di Mimir. Il regno di Mimir fu seguito dal regno del dio Tyr fino a quando Wotan salì al trono come la divinità Padre di Tutto.

È stata una teoria comune che Wotan fosse un sommo sacerdote sciamanico di Atlantide, che sopravvisse al diluvio e condivise l’avanzata tecnologia di Atlantide con l’Egitto e i primi Maya. Antiche storie maya raccontano di un uomo bianco con gli occhi azzurri ed i capelli biondi e la barba che aveva portato loro tutta la tecnologia avanzata e lo raffiguravano con quello che oggi riconosceremmo come una specie di casco da astronauta. Lo chiamavano Quetzalcoatl ed era anche identificato come Votan scritto con una ‘V’ a differenza dell’ortografia teutonica. Pedro Corzo, un pilota che ha viaggiato su e giù per la costa peruviana per quattro anni, riferiva di aver trovato ovunque nei templi statue di legno o di pietra di un dio chiamato Guatan. Il nome significa vortice, equivalente dell’antico nome germanico ‘Wotan’, l’antico dio della tempesta – che i Maya chiamavano Votan.

Su una brocca di argilla a Ratinlixul, in Guatemala, secondo gli studi di Pierre Honoré esposti nel suo libro Alla ricerca del Dio Bianco, si legge di una rappresentazione del dio della luna come re della notte e delle tenebre, con aggiunto il glifo ‘Ahau’, che significa ‘padrone e re’, e ‘Votan’, che significa ‘interno della terra’. Questo dio era venerato dai Maya, i Mixtechi, gli Zapotechi, e gli Aztechi. Egli era tenuto particolarmente in stima dai Maya perché aveva il dono dell’oracolo.

Nella mitologia Wotanista europea il Grande Albero della Vita era conosciuto come Yggdrasil. Wotan è spesso identificato con Yggdrasil dato che il nome stesso significa il cavallo di Ygg (Sleipnir e Wotan). In alcune parti d’Europa Wotan era conosciuto con il nome di Yggjung – (vecchio-giovane), l’equivalente del biblico Antico dei Giorni. Mimir era anche identificato con un albero chiamato Mimameid, l’Albero della Conoscenza, che non deve essere confuso con l’Albero della Vita. Nel corso del tempo Wotan divenne noto come il padre di tutti gli dei e tutta la sua gente si riferiva a lui come Alfadir (Padre di Tutto): “Prima della creazione del mondo era la conoscenza di Wotan, dovunque egli è venuto, là fa ritorno; Ora conosco le canzoni come nessun altro uomo, e nessuna donna principesca”.

Molti studiosi oggi sono arrivati a condividere una conclusione interessante secondo cui Wotan e il ‘Tre-Volte-Grande Ermete Trismegisto’ sono forse l’una e la stessa entità. Se si accettasse questa affermazione, allora potremmo anche concludere che Wotan fosse in realtà un mago alto sacerdote di Atlantide e avesse portato la tecnologia già consolidata di quella avanzata civiltà, o che Wotan avesse visitato la Terra da un altro pianeta molto più alto progredito simile alla Terra che, se così fosse, avrebbe molto probabilmente origine nelle Pleiadi. Hermes ha graziato l’umanità con una tecnica altamente avanzata che il mondo moderno di oggi non è ancora stato in grado di eguagliare, né addirittura di comprendere appieno. Wotan è conosciuto come il dio dell’ispirazione e dell’estasi e come portatore di conoscenza. Hermes e Wotan sono entrambi noti per aver portato all’umanità i doni della poesia, dell’oratoria e dell’apprendimento e loro stessi erano i più grandi maghi, e si troverà che le somiglianze tra Wotan e Hermes si estendono molto più in profondità, nella somiglianza di carattere.

Si dice che Wotan, in un certo momento molto remoto, migrò dalle Terre del Nord verso Est, cosa che dà l’idea che fu forse un grande capo di un’antica tribù ariana ora scoperta in alcuni degli strati più profondi degli scavi di Troia. Più tardi Wotan sarebbe stato deificato, come è stato suggerito da alcuni mitologi importanti del nostro tempo. Qualunque sia il caso, Wotan ha avuto un enorme impatto sul mondo antico, un impatto che ha ancora le sue ripercussioni nei nostri tempi moderni. La gente ancora oggi può vedere che i giorni della settimana sono stati originariamente chiamati come gli dei di Asgard e che ‘Wotansday’, oggi Mercoledì, è stato chiamato così in onore di Wotan (Mercurio-Hermes).

Si può solo immaginare il motivo per cui divinità come Poseidone, Crono, Zeus, Apollo, Cernunnos e simili siano stati praticamente dimenticati come divinità viventi e spazzati nel cestino della mitologia, e invece Wotan sia sopravvissuto alla prova del tempo nel pieno delle sue forze, vivo e vibrante, e questo potrebbe essere dovuto al risultato delle sue molte forme di rinnovamento che gli permettono di adattarsi al costante mutare dei tempi nel corso della storia. Si dice che Wotan abbia avuto dodici nomi tra gli antichi Germani, e ne abbia avuti altri 114. I dodici nomi erano Padre-Tutto, Signore degli Eserciti, Signore della Lancia, Punitore, Sapiente, Colui che avvera i Desideri, Famoso, Agitatore, Bruciatore, Distruttore, Protettore, e Incantatore. Possiamo trovare il suo nome attribuito al dio Ermes, al re troiano Priamo, al dio sassone Irmin, all’Uomo Verde, a Herne il Cacciatore, a Merlino e Barbarossa. Quando il Cristianesimo forzò la sua religione semitica straniera in tutta Europa, Wotan, per i Cristiani convertiti, sarebbe stato trasformato in San Michele, l’angelo guerriero che guidava le schiere celesti. Il Valhalla, a sua volta, è stato adattato alla interpretazione cristiana del paradiso. A volte Wotan può essere stato modificato in una certa misura, ma sarebbe rimasto un’entità e forza vitale indistruttibile, sempre vividamente presente nel nostro mondo e nella nostra psiche.

Il concetto stesso di Babbo Natale e di ciò che ora è conosciuto come Natale ha avuto inizio con Wotan. L’abbattimento dell’albero di Yule e il falò del tronco di Yule era fatto in omaggio a Wotan. I Druidi legavano mele dorate all’albero di Yule come un simbolo di fuoco, in onore di Wotan. L’albero sempreverde di Yule fu a lungo celebrato dai pagani come simbolo di vita poiché a differenza della maggior parte degli altri alberi rimane verde tutto l’anno. Wotan non era solo un dio guerriero, ma anche il portatore di sole e doni. Il dono più grande è quello di Wotan, che dota gli esseri umani della propria essenza spirituale. In cambio, doni sacrificali del raccolto dovevano essere lasciati per il suo sacro destriero a otto zampe, Sleipnir. Proprio come oggi, i doni erano lasciati in calze, stivali e zoccoli. Nelle zone cristianizzate più tardi, dove i culti pagani celtici e teutonici sono rimasti forti, le leggende del dio Wotan sono state fuse a quelle di vari santi cristiani; San Nicola era uno di questi, da cui tipico il nome ‘Klaus’. L’aspetto del Wotan pagano come Herne-Pan vestito di pelliccia è rimasto per lungo tempo, e le prime versioni di Babbo Natale utilizzavano ancora l’immagine di Wotan con corna di cervo che spuntano dalla testa. Fin dai tempi antichi, le corna sugli esseri umani erano simboli di divinità e fertilità. L’immagine finale di Babbo Natale come lo conosciamo oggi, con il suo vestito di velluto rosso rifilato di pelliccia bianca è stata creata dall’azienda della Coca Cola nei primi anni del 1900.

In Danimarca Wotan era definito come Groenjaette (Gigante Verde) o Uomo Verde (o Uomo Foglia), l’archetipo che tutti conosciamo come simbolo della nostra unità con la Terra. L’uomo contiene in sé la creatura universale, che ha l’intelletto come un angelo, la ragione come un uomo, il senso come un animale e la vita come una pianta. Egli ha quindi il mondo vegetale dentro di sé come principio di vita e di crescita. Wotan come Uomo Verde divenne il Dio della foresta e di ispirazione per l’anima tribale degli Ariani ancestrali del Nord, in un certo modo simile al Pan delle tribù ariane del Sud. L’Uomo Verde è conosciuto nella cultura europea come guardiano e rivelatore dei Misteri. La parola mistero deriva dal verbo greco myein che significa “chiudere” e si riferisce alla chiusura delle proprie labbra, come per restare in silenzio. In questa vita fugace che le nostre anime sperimentano sulla terra costruiamo o distruggiamo le nostre vite e consentiamo o meno la nostra sorte nella vita. Gli Dei sono lì per aiutarci, ma dobbiamo essere noi disposti a fare il lavoro.

“Nessuno dei poeti di quaggiù ha mai cantato né mai canterà in modo degno il luogo che sta oltre il cielo. La cosa sta in questo modo (bisogna infatti avere il coraggio di dire il vero, tanto più se si parla della verità): l’essere che realmente è, senza colore, senza forma e invisibile, che può essere contemplato solo dall’intelletto timoniere dell’anima e intorno al quale verte il genere della vera conoscenza, occupa questo luogo”– Platone.

L’antica religione del Nord era una fede luminosa, organica e vivace; viveva alla luce di gioia e letizia; i suoi dèi erano i ‘poteri felici’; opposti a loro erano i poteri oscuri di nebbia e buio, che non potevano sopportare il volto glorioso del Sole, il volto raggiante di Baldur (figlio di Wotan), o il lampo luminoso del fulmine di Thor. Il Wotanismo continua a sopravvivere e rivivere imperterrito dalle catene e dalle frecce della storia e delle altre religioni esistenti, perché non è una religione stagnante e continua, come Wotan stesso, ad evolversi e adattarsi e soddisfare le esigenze della psiche umana sempre in sviluppo. In sostanza la coscienza ariana è l’occhio di Wotan nel cuore dell’uomo. La tradizione teutonica è di carattere principalmente paterno, mentre quella celtica è principalmente materna. Le divinità dei Teutoni sono comandate da un Grande Padre, e i loro elfi da un re. Le divinità dei Celti sono figlie di una grande madre, e le loro fate sono governate da una regina.

Il volto di Wotan era magnifico in apparenza, indossava un elmo d’oro, piumato con grandi ali d’aquila. Nella sua mano stringeva la sua lancia fedele, Gungnir (Gylfaginning). Un giuramento sulla lancia di Wotan, Gungnir, non avrebbe mai potuto essere rotto. Sul braccio Wotan indossava un bracciale d’oro chiamato Draupnir che è l’emblema della fecondità. Ogni nona sera questo bracciale d’oro era noto gettare otto repliche di se stesso. Le tre grandi sale di Wotan erano conosciute come Gladsheim, Valaskialf e Valhalla. Il cavallo di Wotan era un destriero fatato a otto zampe, noto come Sleipnir, e poteva galoppare a velocità colossali per tutti i nove mondi. A volte a Wotan era richiesto recarsi nel mondo sotterraneo. Le otto zampe di Sleipnir simboleggiano le otto gambe dei necrofori funebri che trasportano una bara. I suoi saggi corvi conosciuti come Hugin e Munin (pensiero e memoria) siedono sulle sue spalle larghe. I suoi due fidati lupi che rimangono sempre al suo fianco sono chiamati Geri e Freki. Wotan era allo stesso tempo un dio saggio, gentile e crudele, poiché come tale egli rappresenta la natura oltre che la stessa natura umana – tutti noi possiamo essere allo stesso tempo saggi, gentili e crudeli. Come un uragano Wotan poteva volare su Sleipnir in prima linea dei suoi guerrieri che sciamavano all’infinito dai cancelli del Valhalla. Intorno a lui, come una schiera alata, volavano le Valchirie sui loro destrieri abbaglianti, guidati in una carica selvaggia dalla dea sciamanica Freyja. L’immagine stessa degli dei di Asgard riuniti per la battaglia era uno spettacolo incredibile e terribile a vedersi.

Da un mondo senza tempo
Ombre cadono sul Tempo,
Da una bellezza più grande della terra
Una scala che l’anima può salire.
Salgo sulla scala fantasma
Per un candore più antico del Tempo.
A.E.

La fantasia libera degli antichi ariani del Nord Europa ha tessuto la rete dei loro miti e leggende, e fu consacrata dalla fede. Non aveva, come la mente moderna, relegato un piccolo santuario di credenze prese in prestito, oltre il quale tutto il resto era comune e immondo. L’ Havamal (Hava Maal) era il libro sacro del Wotanismo. La parola Havamal significa Altissimo Libro di Wotan. Il libro consiste in una raccolta di massime per una vita giusta e onorevole. Come altre religioni il Wotanismo aveva la sua Trinità. I nostri antenati del Nord adoravano il dio trino Wotan, Padre Onnipotente; Frigga, sua moglie, emblema della materia universale; e Thor, il figlio, il mediatore. Ma al di sopra di tutti era il Dio supremo, l’autore di tutto ciò che esiste, l’Eterno, l’Antico, l’Essere Vivente e Terribile, il Ricercatore delle cose nascoste, il Motore Immobile, la Divinità Suprema su tutti gli universi esistenti di spazio infinito che non muta mai. Era consuetudine in passato tenere tre principali sacrifici all’anno per Wotan, in cui le persone si riunivano nei principali templi: Vetrarblot (sacrificio invernale) 14 Ottobre, Midsvetrarblot (sacrificio di mezzo inverno) il 12 gennaio e Sigrblot (sacrificio della Vittoria), il 15 aprile.

La suprema volontà di Wotan era quel tesoro di abbondanza verso il quale, in una forma o l’altra, tutti i desideri erano rivolti, e dalla sua abbondanza docce di misericordia e flussi di favore divino erano costantemente versati giù a rinfrescare la stanca razza degli uomini. Tutte queste benedizioni e misericordie, la fonte stessa presente nella lingua antica, erano espresse in una sola parola che, per quanto più o meno espressiva possa ancora essere, ha molto della pienezza del suo significato nel suo derivato di questi ultimi tempi. Questa parola era Desiderio, che originariamente significava l’ideale perfetto, la fruizione effettiva di ogni gioia e desiderio, e non, come ora, il vuoto desiderio per un oggetto. Wotan come dio del desiderio, ha ora mani, piedi, potere, vista, fatica, e arte. Nell’Edda la parola Oski esprime letteralmente la personificazione maschile dei desideri e col passare del tempo fu poi aggiunta la parola ‘ask’ (chiedere), che, come prefisso di una serie di altre, sta a significare che le due parole erano in una relazione peculiare per esprimere il Grande Datore di Ogni Bene. Aska-Maer (ancelle dei desideri), era un’altra variante del nome per descrivere le Valchirie – Coloro che scelgono la Sorte di Wotan – che raccoglievano gli eroi uccisi per lui sul campo di battaglia e delle quali il primo dio supremo Tyr sarebbe diventato comandante. Dal Poema di Hyndla questo passaggio: “Cerchiamo il favore del Padre degli eserciti! Egli accorda e dà l’oro ai suoi servi, diede a Heremod un elmo e una cotta di maglia, e a Sigmund una spada in dono. Egli dà la vittoria ai suoi figli, la ricchezza ai suoi seguaci, una buona eloquenza ai suoi figli e saggezza agli uomini, vento favorevole ai capitani e la canzone ai poeti; E un cuore da uomo a più d’un eroe”.

Nel Wotanismo, l’antica religione degli Ariani, lo sviluppo armonioso e la coesistenza di moti intellettuali e istintivi, e la volontà di continuo ri-orientamento in base alla realtà esterna, sono stati gli stimoli per una crescita senza limiti. Il Wotanismo fin dal suo inizio è stato caratterizzato da una profonda riverenza per l’ordine naturale. Da questa riverenza, accoppiata al riconoscimento delle necessità esteriori, il Wotanismo ha ricavato una notevole flessibilità e un atteggiamento non dogmatico, non evangelistico, non autoritario che gli ha consentito di evolversi dalla sua forma di religione etnica tribale a filosofia moderna che riconosce le più recenti scoperte sull’uomo e l’universo e che dà risposte ai problemi contemporanei – una testimonianza della progressiva razionalità, conoscenza e qualità dello stile di vita. Nel Wotanismo si trovano le forze spirituali, l’idea volkisch, e le dinamiche religiose necessarie per risolvere i problemi della nostra disunione perenne, e per fornire le basi sia per il nostro popolo che per la nostra sopravvivenza etnica. È ancora aperta la questione se la specie umana sopravviverà alla propria trionfale (per quanto pericolosa) conquista del pianeta. Esiste ancora la speranza che possiamo ancora apprendere la saggezza biologica dell’agire con misura e vivere in equilibrio ecologico e consapevolezza con la Natura, i nostri dèi e il Supremo Creatore. Le porte dell’infinito si spalancano per lasciare Wotan in prima linea nella nostra coscienza, portandoci la manifestazione della nostra forza interiore ed esteriore, la forza delle legioni! Wotan porta i doni meravigliosi che abbiamo imparato a conoscere come Unità, Conoscenza, Desiderio e Ragione, che sono il tesoro della nostra eredità! I nostri dèi rimangono radicati nel profondo del nostro DNA e se si ascolta attentamente li si può ancora sentire… Li si sente nel silenzio e nel frastuono ruggente delle battaglie della vita sullo scenario di Midgard… e li si sentirà quando ci attirano nel vento che vaga ovunque. Sono gli stessi dèi dei nostri antenati più lontani… gli dèi del nostro sangu… Eterni e potentissimi sono loro… e mai verranno a mancare!

“Il problema del genere umano di oggi, quindi, è esattamente l’opposto di quello degli uomini nei periodi relativamente stabili di quelle grandi mitologie sempre combacianti che oggi sono note come bugie. Allora ogni senso era nel gruppo, nelle grandi forme impersonali, nessuno nel singolo auto-espressivo; oggi nessun è senso nel gruppo – nessuno al mondo – mentre tutto è nell’individuo. Ma lì il significato è assolutamente inconscio. Non si sa verso dove ci si muove. Non si conosce ciò da cui si è spinti. Le linee di comunicazione tra l’ambito conscio e inconscio della psiche umana sono state tutte tagliate, e siamo stati divisi in due”.

Joseph Campbell